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martedì 20 maggio 2008

"Dopo Adrian botte anche a un albanese"


17/5/2008 - RETROSCENA
I ragazzi all'uscita della scuola media Foscolo
Christian e il branco hanno colpito due volte
ANDREA ROSSI
TORINO - Stesso giorno, stessa zona, solo che dalla prima aggressione è trascorsa qualche ora. Identico meccanismo. L’appostamento fuori da scuola, all’uscita. L’inseguimento. Infine l’assalto. «Da dove vieni tu?». «Albania». «E cosa ci fai qui in Italia? Te ne devi andare. Fate schifo, dovete tornarvene al vostro paese, hai capito?». E poi calci, pugni e sputi. Per chiarire il concetto. È come sentirsi raccontare un’altra volta la storia di Adrian, il tredicenne romeno pestato da un compagno di scuola perché straniero. Solo che stavolta l’aggredito è albanese e abbiamo deciso di chiamarlo Koldet. E l’aggressore è sempre lui. Christian, il gruppo alle spalle a dargli manforte. Pestaggi identici, a separarli una manciata di ore. Corso Rosselli angolo via Piazzi, fermata dell’autobus 42. Martedì alle quattro e mezzo di pomeriggio: Koldet ha 13 anni e frequenta la seconda media alla Foscolo. Lo stesso istituto di Adrian, che è stato aggredito quello stesso giorno, non più di un paio d’ore prima. Anche Koldet è appena uscito da scuola. Aveva lezione anche al pomeriggio, quel giorno. Sta aspettando il bus, a qualche decina di metri dalla cancellata in ferro della Foscolo, per tornarsene a casa. Il branco, però, è ancora in cerca di prede da stanare. L’ha pedinato, come successo poco prima al suo coetaneo romeno.

E, come fosse un meccanismo rodato, passa all’azione. Lo insultano e lo picchiano. Perché anche lui, come Adrian, non è italiano. Il papà di Koldet non ha dubbi: «L’aggressore è lo stesso». Christian. «Quando ho saputo del pestaggio di Adrian non ci ho più visto: era talmente simile alla disavventura capitata a mio figlio che mi sembrava impossibile. Ho pensato fosse un errore, o addirittura che qualcuno avesse raccontato l’aggressione a Koldet scambiandolo per un ragazzino romeno». E invece no. Koldet e Adrian sono persone diverse. Stessa età, stessa scuola. Origini diverse, destino comune: incappare nel drappello che dà la caccia agli stranieri e li riempie di botte. Come Adrian, anche Koldet non reagisce all’aggressione. «È un ragazzo tranquillo, pacifico, mai avuto problemi con nessuno», dice suo padre. Viene colpito più volte. Gli amici che gli sono accanto cercano inutilmente di difenderlo; solo l’intervento di alcuni passanti riesce a bloccare il pestaggio. Christian e compagni si dileguano. Koldet è terrorizzato. «Quando sono arrivato a casa piangeva. A scuola aveva preso una nota, ma mi sembrava una reazione eccessiva. E poi stava male: mal di testa, nausea». Il giovane albanese all’inizio non vuole raccontare. Come Adrian. Piange e basta. «Adesso ha paura. Come me, del resto. Abbiamo sporto denuncia alle forze dell’ordine. Ho dovuto portarlo in pronto soccorso due volte, perché continua ad avere mal di testa. E ora chi si fida a lasciarlo andare in giro da solo? Temo che possa di nuovo essere preso di mira». Addentrarsi nella storia di Koldet è come fare un salto all’indietro di un giorno; ripercorrere per intero la disavventura di Adrian. Vicende parallele, una manciata di ore di distanza. Due ragazzi stranieri pestati. Due famiglie che ora s’interrogano: «Quel ragazzo ha già picchiato molti suoi coetanei, soprattutto stranieri. E continua ad aggirarsi fuori dalla scuola. Minaccia. Insulta.
E anche se mio figlio è stato picchiato lontano dalle aule, la scuola deve fare qualcosa. Non espellerlo: si peggiorerebbe la situazione. Aiutarlo, ma in fretta. Questa caccia allo straniero non ha senso. E non è accettabile che le famiglie vivano nell’angoscia che ai loro figli succeda qualcosa di terribile». Parole che probabilmente non sono destinate a cadere nel vuoto. Ieri pomeriggio alla Foscolo è stato convocato un consiglio d’istituto straordinario. Spiega la preside Giovanna Bergoglio: «Ci siamo confrontati sugli ultimi avvenimenti per decidere se, e quali, provvedimenti adottare».
Fonte: LASTAMPA.it

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