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martedì 27 maggio 2008

Bugie e mezze verità


Sul tema della sicurezza la stampa deve avere il coraggio di raccontare la realtà. E non diventare il megafono delle paure degli italiani, scrive Gabriela Preda.
L'altro giorno, nel mezzo di un'intervista, ho cominciato a balbettare. Mi hanno mandato in tilt due semplici domande che mi ha fatto il commissario europeo Leonard Orban, il primo rumeno a far parte della Commissione da quando Bucarest è entrata nell'Unione europea. "Come si vive in realtà in Italia?", mi ha chiesto. "Quali sono i motivi di disagio più comuni, al di là di quelli legati all'immigrazione?".
Cosa dovevo rispondergli? Che una parte di questo paese, il cui patrimonio artistico è invidiato da tutto il mondo, vive nell'immondizia da anni? Che uno scrittore come Roberto Saviano rischia la vita per aver puntato il dito contro l'economia sommersa gestita dalla camorra? Che molti dei buoni cristiani italiani, che la domenica in chiesa raccolgono le offerte per i bambini africani, hanno una paura irrazionale degli immigrati? Dovevo ammettere che gli italiani temono gli stranieri più della mafia o della camorra, anche se spesso sono proprio gli stranieri clandestini ad accudire i loro anziani e i loro figli? Che i lavoratori immigrati contribuiscono al nove per cento del pil del paese, ma che c'è anche chi mendica o ruba perché sa che se viene arrestato se la caverà con poco? Dovevo spiegare che i rom sono percepiti come il capro espiatorio di tutti i mali del paese?
Che la recente vicenda di una donna rumena stuprata da un italiano è finita tra le brevi dei quotidiani, mentre quando i responsabili sono stranieri la notizia merita la prima pagina? Non mi era mai capitato di trovarmi a balbettare durante un'intervista. Ho capito di avere le idee più confuse che mai. Ho la sensazione che, a causa del ritmo forsennato con cui si sovrappongono le notizie, spesso anch'io vengo travolta dalle mezze verità pubblicate dai giornali.
Così mi perdo in un pericoloso gioco di specchi, tra le contraddizioni tragicomiche alimentate dalla politica, che sembra dimenticare come sia impossibile fare integrazione ricorrendo solo ai numeri e vivere isolati in un mondo sempre più globalizzato. Se accetta di far parte di questo gioco, la stampa rischia di diventare uno strumento di propaganda della xenofobia, manipolata da chi vuole nascondere i problemi del paese e continuare a fare indisturbato i propri interessi. Come la criminalità organizzata.
I giornalisti devono essere coerenti, oggettivi e usare un linguaggio distaccato: è una regola basilare. Sono gli unici accorgimenti che permettono di fare questo lavoro senza diventare una macchina priva di scrupoli. Invece, i messaggi sulla sicurezza e sull'immigrazione (fenomeno che va senza dubbio controllato) rischiano di sfociare in un'isteria collettiva. Ormai nessuno fa più distinzione tra i vari tipi di delinquenza, tra piccoli episodi e grande criminalità.
Eppure si tratta di fenomeni diversi, e raccontarli con poca chiarezza rischia di frantumare ancora di più un paese già diviso, di spingerlo a chiudersi tra le sue paure e a nascondere i suoi problemi. Come ci insegna la storia, in una situazione di crisi la ripetizione ossessiva di mezze verità o di bugie può modificare la percezione della realtà e creare dei mostri.
Gabriela Preda è corrispondente della televisione rumena Prima tv e collaboratrice di vari giornali italiani ed europei.
Fonte: Internazionale.

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