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lunedì 22 ottobre 2007

«Noi romeni, integrati nella Tuscia»


«Noi romeni, integrati nella Tuscia»

Sono 8 mila in provincia, 3 mila nel capoluogo. Una presenza che spaventa

di ANNABELLA MORELLI

Ottomila in tutta la Tuscia, tremila nel capoluogo. I numeri dei romeni a Viterbo sono considerevoli e questa presenza massiccia spaventa e crea tensioni che sfociano, a volte, in accuse gratuite e infondate rivolte a tutti gli stranieri, quando è solo una minima parte che si comporta in maniera scorretta. Ma sono proprio quelli che si fanno notare.

«Però non tutti i romeni sono delinquenti - afferma indignato padre Gheorghe Ionascu, guida spirituale della comunità romena San Callimaco - anzi, la maggior parte di loro lavora seriamente e vuole integrarsi pacificamente nella società che li ospita. Ci ha molto danneggiato e amareggiato il sindaco Veltroni quando ha detto che nei primi otto mesi di quest'anno su 3.557 arresti a Roma, il 75,5 per cento era rappresentato da romeni. Sarà pure vero, ma non si ragiona per categorie. E Viterbo è un altro pianeta».

La comunità, che ha preso il nome di un santo romeno molto amato, ha il suo punto di riferimento nella chiesa di Santa Maria della Carbonara, sotto la grande mole del duomo ed è stata concessa dal vescovo monsignor Lorenzo Chiarinelli per dar loro, cristiani ortodossi, la possibilità di incontrarsi e confrontarsi.«Qualche tempo fa - dice padre Gheorghe - siccome siamo molto ben collegati tra noi, abbiamo saputo che erano arrivati sei romeni da Padova, dove c'erano state molte rapine. Non eravamo certi che fossero stati loro ma nell'incertezza, con le buone maniere e senza alcuna minaccia, abbiamo chiesto a questi nostri concittadini di allontanarsi da Viterbo dove il nostro gruppo vuole trovare un suo posto senza subire troppe tensioni. Hanno capito e non si sono fermati».

Insomma, una specie di guardia civica che salvaguarda la tranquillità di un territorio, tutto sommato, ancora vivibile. «In Romania la legge è più dura e la gente si comporta senz'altro meglio. Ora il nostro nuovo presidente Basescu vuole rifare il look all'immagine dei romeni in Europa, soprattutto in Italia. Qui a Viterbo la nostra comunità è bene inserita: su 3.000, il 99 per cento è regolare, ha lavoro e anche imprese di proprietà: ce ne sono undici che fanno pulizie, poi imprese di muratori, molto richiesti i nostri mattonatori, tante donne sono badanti e altre lavorano come operaie nelle fabbriche di Civita o sono commesse. Abbiamo anche mediatori culturali e sportivi che godono di una certa notorietà (uno per tutti, il rugbista Nicolae Racean, a Viterbo da molti anni e impiegato modello alla Ciminauto, ndr). Alcuni hanno acceso un mutuo e comprato casa: più regolari di così».Padre Gheorghe, che ha 34 anni, viene molto ascoltato dalla comunità San Callimaco e prima ancora ha organizzato una comunità a Roma. «Ci riuniamo durante le festività, soprattutto Natale e Pasqua, e cerchiamo di essere solidali con chi ha difficoltà. Vorrei tanto un altro posto (la chiesa è molto piccola) dove poterci incontrare e chissà se il Comune potrà darcelo. Spero sempre che alle parole seguano i fatti».

Ma questi famigerati rom, sono romeni oppure no? «I rom vengono confusi con i romeni per l'assonanza delle due parole. Certo, alcuni rom lo sono ma non tutti. Chi viene dall'est è associato immediatamente con i romeni perché la nostra è la comunità più numerosa, ma anche la più integrata tra le minoranze, sia per radici storiche, culturali, linguistiche che accomunano Italia e Romania, sia per la legislazione europea che condividono. Eppure nei nostri confronti spesso ci sono pregiudizi e atti di razzismo. Finiranno mai?».

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