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sabato 8 dicembre 2007

Espulsione comunitari: le disposizioni approvate dal Senato

7 dicembre 2007
Espulsione comunitari: nel dettaglio le disposizioni approvate dal Senato a modifica del decreto legge 181 e del decreto legislativo 30.
Il provvedimento, quando approvato definitivamente, trasferirà tutte le competenze ora del giudice di pace al tribunale ordinario, anche per le espulsioni degli extracomunitari. Introdotta l’inversione dell’onere della prova nei casi di discriminazione.

Dichiarazione di presenza: la prima modifica riguarda la possibilità di determinare, in base alla data d’ingresso in Italia del cittadino europeo, la decorrenza degli obblighi di registrazione anagrafica.
Per non penalizzare la mobilità dei cittadini europei - e soprattutto il mercato turistico nazionale - non viene imposto un obbligo di dichiarare la presenza (peraltro possibile ai sensi della direttiva europea n. 38) ma si ricorre ad una formula che - a detta di alcuni - potrebbe ingenerare qualche confusione.
Il senso della norma è il seguente: il cittadino dell’Unione o il suo familiare non è obbligato a rendere la dichiarazione di presenza ma, in ragione della durata del suo soggiorno, può presentarsi in un ufficio di polizia e dichiarare la presenza. Qualora la dichiarazione non venga effettuata, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi.
Per esemplificare: il turista o l’uomo d’affari tedesco che giunge in Italia e prevede di trattenersi per meno di tre mesi non dovrà fare alcuna dichiarazione. Però, in qualunque circostanza dovesse subire un controllo di polizia, sarà suo onere dimostrare che si trova in Italia da meno di tre mesi. In mancanza di prova verrà considerato soggiornante da oltre tre mesi con le conseguenze che ciò comporta: poiché ovviamente non avrà provveduto alla registrazione anagrafica, sarà considerato irregolare e potrà anche essere sottoposto a provvedimento di allontanamento. Circostanza comunque improbabile perché l’allontanamento è reso possibile non tanto dalla mera omissione amministrativa, ma dalla mancanza dei requisiti stabiliti dalla direttiva 38 e dal decreto di attuazione: lavoro, studio, mezzi autonomi di sostentamento.

Fonti di reddito: approvata una definizione più restrittiva delle fonti di reddito che ora devono essere non solo sufficienti ma anche di provenienza lecita e dimostrabili.

Allontanamento per motivi di pubblica sicurezza e di ordine pubblico e per cessazione del diritto di soggiorno: i provvedimenti devono riguardare i comportamenti individuali delle persone da allontanare.

Espulsione disposta dal Ministro dell’interno: i provvedimenti sono tradotti in una lingua comprensibile al destinatario oppure in inglese. La durata del divieto di reingresso in Italia non può essere superiore a dieci anni. Se il provvedimento non è immediatamente eseguibile deve essere concesso un termine per lasciare l’Italia di almeno un mese che, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni.

Espulsione disposta dal prefetto per motivi di pubblica sicurezza: i provvedimenti sono disposti dal prefetto del luogo di residenza o dimora del cittadino europeo o del suo familiare e sono tradotti in una lingua comprensibile al destinatario oppure in inglese. La durata del divieto di reingresso in Italia non può essere superiore a cinque anni. Il provvedimento di allontanamento indica il termine stabilito per lasciare l’Italia, che non può essere inferiore ad un mese che, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni.

Espulsione con accompagnamento immediato disposta dal prefetto: i provvedimenti quando sono adottati per motivi imperativi di pubblica sicurezza sono subito eseguiti dal questore. Le cause che consentono di adottare l’espulsione immediata del comunitario devono essere particolarmente gravi e nella valutazione dei presupposti si tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, anche tentati contro la vita o l'incolumità della persona, o per uno o più delitti corrispondenti a quelli previsti dall'articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69 (concernente disposizioni sul mandato di arresto europeo); si tiene inoltre conto dell’appartenenza del cittadino europeo a taluna delle categorie di soggetti pericolosi individuate dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (misure di prevenzione) e dalla legge 31maggio 1965, n. 575 (mafia) ed infine delle misure di prevenzione disposte da autorità straniere o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere.

Ricorsi e convalide dell’accompagnamento immediato: la competenza è del tribunale ordinario in composizione monocratica.

Trattenimento del cittadino europeo: il questore se non può eseguire immediatamente l’accompagnamento può disporre il trattenimento presso i centri di permanenza (CPT) o presso le camere di sicurezza delle questure e dei commissariati di polizia;

Segnalazioni dei sindaci: i provvedimenti di allontanamento sono adottati tenendo conto anche delle segnalazioni motivate dal sindaco del luogo di soggiorno del cittadino dell'Unione o del suo familiare.

Modifiche al testo unico 286 del 1998: la competenza sui ricorsi avverso i provvedimenti di espulsione adottati dal prefetto nei confronti dei cittadini extracomunitari e sui procedimenti di convalida del trattenimento e dell’accompagnamento immediato alla frontiera è trasferita dal giudice di pace al tribunale ordinario in composizione monocratica.

Discriminazioni: modificato il decreto legislativo n. 215 del 2003 (attuazione della direttiva 43 per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica) con la previsione che quando la persona che ricorre per dimostrare la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, deduca in giudizio elementi di fatto in termini gravi, precisi e concordanti, spetta alla parte convenuta provare che non vi è stata violazione del principio della parità di trattamento.

Misure penali contro le discriminazioni razziali: sostituito il comma 1 dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654 (ratifica della convenzione di New York del 7/3/1966 relativa alla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale) che ora prevede la pena della reclusione fino a tre anni per chiunque incita a commettere o commette atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1 del trattato di Amsterdam (ndr: in realtà si tratta del trattato istitutivo della Comunità europea) e con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per gli stessi motivi.(R.M.)
Fonte: ImmigrazioneOggi

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