3 marzo 2008
Comunitari: pubblicato in GU il decreto legislativo n. 32 che modifica il decreto legislativo n. 30 del 2007 sul diritto d’ingresso e di soggiorno dei cittadini europei e dei loro familiari.
Le nuove norme, in vigore dal 2 marzo, colmano il vuoto legislativo prodotto dalla mancata conversione del decreto legge 29 dicembre 2007, n. 249.
Il decreto legislativo n. 32 del 28 febbraio 2008 che apporta “Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri” è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1 marzo ed è entrato in vigore il giorno successivo.
La lettera a), primo comma, dell’articolo 1, introduce la dichiarazione di soggiorno da parte del cittadino comunitario che entra in Italia, adempimento finora non previsto.Si tratta di una soluzione emersa nel corso dei lavori parlamentari sul disegno di legge di conversione del decreto legge 249/2007, lasciato decadere dal Governo, e frutto di un compromesso tra la posizione di chi intendeva introdurre un obbligo generalizzato e quella di coloro che invece a questa scelta erano decisamente contrari. La legge stabilisce che “In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell'Unione o il suo familiare può presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Qualora non sia stata effettuata tale dichiarazione di presenza, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi".
In altre parole, il cittadino europeo che entra in Italia non ha alcun obbligo di dichiarare la sua presenza ad un ufficio di polizia. Se vuole, però, può farlo in base alle regole che il Ministro dell’interno dovrà specificare con un apposito decreto da emanare entro il 1 aprile. Se non provvede alla comunicazione, si presume che soggiorni da oltre tre mesi, a meno che egli stesso non dimostri il contrario. Perciò, in assenza della dichiarazione, e se non riuscirà a provare la data del suo ingresso con qualunque mezzo (biglietto aereo, testimonianze?) potrà rischiare la contestazione di non aver richiesto l’iscrizione anagrafica (obbligatoria nel caso di soggiorno ultratrimestrale) con la conseguenza di dover dimostrare la sussistenza dei requisiti imposti dalla legge (disponibilità di un lavoro, di risorse economiche, o della condizione di studente), pena l’allontanamento con un provvedimento del prefetto.Difficile pensare che questa misura potrà offrire un contributo efficace ai fini della sicurezza, mentre è più probabile immaginare valutazioni critiche in ambito europeo per la formulazione ermetica che la caratterizza.
La lettera c) riporta le modifiche in materia di limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini dell'Unione o dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, per motivi di sicurezza dello Stato, motivi imperativi di pubblica sicurezza e per altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
In particolare sono definiti i motivi imperativi di pubblica sicurezza che sussistono quando la “persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza”. Ai fini dell'adozione del provvedimento, si tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero per delitti particolarmente gravi, anche se patteggiati.
L’allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza - che comporta il divieto di rientro per un periodo di cinque anni - è disposto dal prefetto oppure dal Ministro dell’interno quando riguarda i comunitari che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni. In entrambi i casi il questore dispone l’accompagnamento immediato alla frontiera, previa convalida da richiedersi al tribunale ordinario in composizione monocratica. Nel caso di rientro in violazione del divieto è prevista la sanzione penale della reclusione fino ad un anno, sanzione che non comporta l’arresto nella flagranza del reato. Contro i provvedimenti del Ministro – che possono essere adottati anche per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (in questo secondo caso il rientro non autorizzato è punito con la reclusione fino a due anni) – è ammesso il ricorso al Tar del Lazio, mentre nel caso di provvedimenti del prefetto la competenza è del tribunale ordinario. Infine, con la lettera e) sono riviste le disposizioni del decreto legislativo n. 30 del 2007 riguardanti l’allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno quando, cioè, il cittadino europeo o i suoi familiari non possiedono o non possiedono più i requisiti per beneficiare del diritto di soggiorno fino a tre mesi oppure per un periodo superiore. Al verificarsi di una delle circostanze previste dalla legge il prefetto adotta il provvedimento “anche su segnalazione motivata del sindaco del luogo di residenza o dimora, con atto motivato e notificato all'interessato.
”Il provvedimento riporta il termine per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese. Unitamente al provvedimento di allontanamento é consegnata all'interessato una attestazione di obbligo di adempimento dell'allontanamento ( secondo le modalità che saranno stabilite con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro degli affari esteri) da presentare presso un consolato italiano. Se la persona è rintracciata sul territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di allontanamento, senza aver provveduto alla presentazione dell'attestazione, sarà sanzionata con la pena dell’arresto da uno a sei mesi e con l'ammenda da 200 a 2.000 euro.
Invece, poiché l’allontanamento – come stabilisce la direttiva europea 38/2004/CE - non può prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale, nel caso di ritorno non è comminabile alcuna sanzione. Contro i provvedimenti del prefetto è ammesso il ricorso al tribunale ordinario in composizione monocratica.Raffaele Miele
Altre informazioni sull’argomento nelle News del 28 febbraio e del 21 febbraio.
Fonte: ImmigrazioneOggi.
Comunitari: pubblicato in GU il decreto legislativo n. 32 che modifica il decreto legislativo n. 30 del 2007 sul diritto d’ingresso e di soggiorno dei cittadini europei e dei loro familiari.
Le nuove norme, in vigore dal 2 marzo, colmano il vuoto legislativo prodotto dalla mancata conversione del decreto legge 29 dicembre 2007, n. 249.
Il decreto legislativo n. 32 del 28 febbraio 2008 che apporta “Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri” è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 1 marzo ed è entrato in vigore il giorno successivo.
La lettera a), primo comma, dell’articolo 1, introduce la dichiarazione di soggiorno da parte del cittadino comunitario che entra in Italia, adempimento finora non previsto.Si tratta di una soluzione emersa nel corso dei lavori parlamentari sul disegno di legge di conversione del decreto legge 249/2007, lasciato decadere dal Governo, e frutto di un compromesso tra la posizione di chi intendeva introdurre un obbligo generalizzato e quella di coloro che invece a questa scelta erano decisamente contrari. La legge stabilisce che “In ragione della prevista durata del suo soggiorno, il cittadino dell'Unione o il suo familiare può presentarsi ad un ufficio di polizia per dichiarare la propria presenza nel territorio nazionale, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Qualora non sia stata effettuata tale dichiarazione di presenza, si presume, salvo prova contraria, che il soggiorno si sia protratto da oltre tre mesi".
In altre parole, il cittadino europeo che entra in Italia non ha alcun obbligo di dichiarare la sua presenza ad un ufficio di polizia. Se vuole, però, può farlo in base alle regole che il Ministro dell’interno dovrà specificare con un apposito decreto da emanare entro il 1 aprile. Se non provvede alla comunicazione, si presume che soggiorni da oltre tre mesi, a meno che egli stesso non dimostri il contrario. Perciò, in assenza della dichiarazione, e se non riuscirà a provare la data del suo ingresso con qualunque mezzo (biglietto aereo, testimonianze?) potrà rischiare la contestazione di non aver richiesto l’iscrizione anagrafica (obbligatoria nel caso di soggiorno ultratrimestrale) con la conseguenza di dover dimostrare la sussistenza dei requisiti imposti dalla legge (disponibilità di un lavoro, di risorse economiche, o della condizione di studente), pena l’allontanamento con un provvedimento del prefetto.Difficile pensare che questa misura potrà offrire un contributo efficace ai fini della sicurezza, mentre è più probabile immaginare valutazioni critiche in ambito europeo per la formulazione ermetica che la caratterizza.
La lettera c) riporta le modifiche in materia di limitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno dei cittadini dell'Unione o dei loro familiari, qualsiasi sia la loro cittadinanza, per motivi di sicurezza dello Stato, motivi imperativi di pubblica sicurezza e per altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
In particolare sono definiti i motivi imperativi di pubblica sicurezza che sussistono quando la “persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica, rendendo urgente l'allontanamento perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza”. Ai fini dell'adozione del provvedimento, si tiene conto anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero per delitti particolarmente gravi, anche se patteggiati.
L’allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza - che comporta il divieto di rientro per un periodo di cinque anni - è disposto dal prefetto oppure dal Ministro dell’interno quando riguarda i comunitari che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni. In entrambi i casi il questore dispone l’accompagnamento immediato alla frontiera, previa convalida da richiedersi al tribunale ordinario in composizione monocratica. Nel caso di rientro in violazione del divieto è prevista la sanzione penale della reclusione fino ad un anno, sanzione che non comporta l’arresto nella flagranza del reato. Contro i provvedimenti del Ministro – che possono essere adottati anche per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (in questo secondo caso il rientro non autorizzato è punito con la reclusione fino a due anni) – è ammesso il ricorso al Tar del Lazio, mentre nel caso di provvedimenti del prefetto la competenza è del tribunale ordinario. Infine, con la lettera e) sono riviste le disposizioni del decreto legislativo n. 30 del 2007 riguardanti l’allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno quando, cioè, il cittadino europeo o i suoi familiari non possiedono o non possiedono più i requisiti per beneficiare del diritto di soggiorno fino a tre mesi oppure per un periodo superiore. Al verificarsi di una delle circostanze previste dalla legge il prefetto adotta il provvedimento “anche su segnalazione motivata del sindaco del luogo di residenza o dimora, con atto motivato e notificato all'interessato.
”Il provvedimento riporta il termine per lasciare il territorio nazionale, che non può essere inferiore ad un mese. Unitamente al provvedimento di allontanamento é consegnata all'interessato una attestazione di obbligo di adempimento dell'allontanamento ( secondo le modalità che saranno stabilite con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro degli affari esteri) da presentare presso un consolato italiano. Se la persona è rintracciata sul territorio dello Stato oltre il termine fissato nel provvedimento di allontanamento, senza aver provveduto alla presentazione dell'attestazione, sarà sanzionata con la pena dell’arresto da uno a sei mesi e con l'ammenda da 200 a 2.000 euro.
Invece, poiché l’allontanamento – come stabilisce la direttiva europea 38/2004/CE - non può prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale, nel caso di ritorno non è comminabile alcuna sanzione. Contro i provvedimenti del prefetto è ammesso il ricorso al tribunale ordinario in composizione monocratica.Raffaele Miele
Altre informazioni sull’argomento nelle News del 28 febbraio e del 21 febbraio.
Fonte: ImmigrazioneOggi.
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