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martedì 29 dicembre 2009

Bomarzo a tinte verde horror


Dal Rinascimento il "Bosco sacro" della città laziale è un concentrato di bellezze naturali e citazioni al limite dell'esoterico. Molte a tutt'oggi misteriosi.

"Voi che pel mondo gite errando, vaghi di vedere maraviglie alte e stupende venite qua, dove son faccie horrende, elefanti, leoni, orsi, orchi et draghi". L'antica iscrizione in versi dice la verità. E quando la si legge, incisa su un sedile di pietra fatto a nicchia, è troppo tardi: si è appena arrivati al centro del Parco dei Mostri, o più romanticamente chiamato Bosco Sacro, il bizzarro e misterioso complesso monumentale tardo rinascimentale, tutto rigorosamente en plein air, che si sviluppa lungo morbidi terrazzamenti di un anfiteatro naturale a un chilometro e mezzo dalla cittadina di Bomarzo, tra Viterbo e Orte.

Di lì a poco, in questa fitta vegetazione selvatica, sarà tutto un susseguirsi di apparizioni fantastiche: come abitanti secolari di una terra di mezzo, ecco sfilare un esercito di gigantesche figure che sembrano uscite dai libri delle favole, tutte scolpite nei massi di peperino che dimorano in questi luoghi. Animali, creature mostruose e grottesche, personaggi della mitologia, scortati da presenze enigmatiche come falsi ruderi o fontane.

La recente pubblicazione del volume "Bomarzo: il Sacro Bosco" (edito da Electa) sotto la cura di Sabine Frommel con la collaborazione di Andrea Alessi, che fa il punto dopo lunghe ricerche e indagini da parte di studiosi sul mistero del bosco di Bomarzo, diventa l'occasione per visitare questo luogo che tanto ha suggestionato l'immaginario e la sensibilità estetica di artisti contemporanei come Salvador Dalì, Afro, De Kooning, Michelangelo Antonioni, Tommaso Buzi, Niki de Saint Phalle. Tutte personalità che rimasero letteralmente sedotte dalla bellezza decadente e tenebrosa di queste creature di pietra. Furono loro, stregati da un luogo così unico e fuori dagli schemi, a dare nuova linfa alla metà del Novecento alla fortuna popolare del "boschetto" aiutandone nel secondo dopoguerra la rinascita dall'oblio di secoli di abbandono, che l'aveva ridotto ad una coltre di piante selvatiche, erba, foglie e strati di muschio.



E se la documentazione dell'antichità è stata scarsa, il volume ne ripercorre invece le vicende storiche alla luce della singolare figura del committente, il nobile Pierfrancesco Orsini, detto Vicino (1523-1585) che "a questo giardino architettonico dedicò quasi tutta la vita - scrive Sabine Frommel - a tal punto da considerare la sua creazione come un organismo vivente. Egli seppe riversare la sua cultura enciclopedica in un'opera decisamente singolare, controversa e densa di simbolismi ermetici e di criptiche allusioni. Il carattere polisemico del giardino, ordito di ambivalenze ed enigmi, sembra riflettere l'indole sfuggente ed enigmatica del suo creatore, non senza alludere alle tendenze e ai gusti del periodo".


E le nuove interpretazioni del parco bomarzese investono soprattutto le scienze astronomiche e astrologiche "dalle quali dipesero - rivela Frommel - sia le scelte affettive, sia l'iconografia del Sacro Bosco, libera traslitterazione del suo tema natale. Qui la morte e l'astrologia ritornano come unfil rouge". Il volume, poi, fa chiarezza sulle fasi del cantiere, dall'inizio degli anni cinquanta del Cinquecento per terminare negli anni '80, individuando le personalità artistiche da Raffaello da Montelupo, il grande collaboratore di Michelangelo e di Sangallo, al quale si deve anche la nuova ala del castello bomarzese, arroccato sul punto più alto del paese (consigliabile da visitare), allo scultore Simone Moschino, nipote di Simone Mosca, fino alle consulenze illustri di Vignola e Pirro Ligorio. E affronta il rapporto fondamentale con il suo più grande amore Giulia Farnese, alla quale è dedicato il tempietto nel parco.


Passeggiare per il Bosco Sacro di Bomarzo significa provare l'ebbrezza della meraviglia. Il gusto per l'orrido e il fantastico serpeggia ovunque. Prologo inquietante sono le due sfingi emblematiche e il Gigante che lacera le membra dell'avversario in una lotta spietata. Se presso una cascatella compare una tartaruga che sorregge una figurina, accanto emerge dal terreno la testa d'un mostro infernale. Un gioco di ninfei introducono alla casetta pendente, che regala sensazioni da capogiro a tutti quelli che vi entrano dentro. Nella platea dei vasi si spartiscono la scena Nettuno, affiancato dalla testa di un mostro marino dalle fauci spalancate, una ciclopica ninfa dormiente e un drago assalito da un cane e da un leone. Ecco l'elefante con la torretta, e l'Orco, un mascherone colossale con la bocca spalancata che invita ad entrare. Ancora un ripiano decorato sui lati lunghi da pigne e ghiande che scortano due Orsi araldici e due Sirene gigantesche. Ai vertici del percorso si trova il Tempietto, raffinato edificio ottagonale con cupoletta. Epilogo, la maschera demoniaca sormontata da un globo con un castello araldico.


"Il carattere così particolare dell'impianto - scrive Sabine Frommel - si giustifica anche con la volontà di distinguersi dagli altri principi o nobili, allestendo un'opera ispirata a concetti diversi, forse addirittura contrari. A differenza della gran parte dei signori che si spostavano incessantemente da una residenza all'altra, spinti da predilezioni, gusti, stagioni e scopi diplomatici, Vicino rimase sempre fedele a Bomarzo, il suo sogno consolatorio. Amava talmente le sue statue da giungere a preoccuparsi del loro benessere fisico, come fossero creature viventi. L'intima connessione tra il profilo singolare del committente, la sua passione letteraria e la sua sensibilità artistica è senz'altro una chiave della comprensione di questo singolarissimo dispositivo architettonico".

Notizie utili - Il Parco dei Mostri. Il Bosco sacro di Bomarzo", Località Giardino (Viterbo). Aperto tutto l'anno dalle 8 al tramonto. Ingresso: intero €9, ridotto bambino 4-8 anni €7. Come raggiungerlo: dall'Autostrada A1, uscita Attigliano; da Viterbo, 20 chilometri da Viterbo, percorrendo superstrada Viterbo-Orte, uscita Bomarzo. Info e prenotazioni: 0761-924029

Fonte: La Repubblica

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