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martedì 10 marzo 2009

Quei romeni che amavano l'Italia più della patria

Il punto di GIROLAMO GRILLO *

Non c'é cosa più ignobile che fare d'ogni erba un fascio.

Tanto sta accadendo in Italia a proposito dei romeni che delinquono e che sono continuamente protagonisti della cronaca. Bisogna assolutamente evitare, mostrando sempre certi primi piani, di generare una vera e propria xenofobia che il popolo romeno non merita assolutamente. Si auspica, inoltre, che la giustizia italiana sia altrettanto rigorosa quando a soccombere siano romeni adulti o ragazzi violentati degli italiani, come, purtroppo, avviene. Chi scrive ha conosciuto i romeni, prima di recarsi più volte in Romania, fin dagli anni di Ceausescu, quando a Roma c'era soltanto un migliaio di rumeni e a Civitavecchia, erano arrivati alcuni sacerdoti romeni e non pochi esuli di quella nazione che sarebbero poi approdati furtivamente in America. Quanti grattacapi con l'Ambasciata romena, che frequentemente faceva visita diplomatica anche al Vescovo di Civitavecchia, per rendersi conto di quel che stava accadendo. Fu allora che ci si rese conto dello stato d'animo di quel popolo che amava l'Italia più della sua stessa patria, ritenendosi neolatino nella lingua parlata e figli di quel Traiano, di cui essi erano più che innamorati, avendo quest'ultimo, con meriti e demeriti storici, portato nella Dacia la civiltà e lo "jus" di Roma. Era gente, come è facilmente intuibile, esacerbata dalla terribile dittatura comunista, ma fortemente desiderosa della piena libertà: persone serene, tranquille, ma soprattutto provate, fino al punto che non poche di esse avevano paura di parlare apertamente con chiunque anche nell'ambito privato della propria abitazione. Con la fine del regime comunista, sono poi arrivati romeni in cerca di lavoro. Quei mestieri da cui gli italiani, con il benessere, si erano allontanati. Così hanno inondato il nostro Paese, dapprima con lavori anche umili nell'agricoltura e nell'edilizia, poi come badanti e baby-sitter. Oggi i romeni in Italia sono più di un milione e nello scorso anno sono cresciuti dell'84 per cento. Alcuni sono diventati anche impresari dando lavoro anche agli italiani. Spesso, inoltre, si tende a fare confusione tra romeni e "rom", quelli che fino a qualche decennio fa erano per noi gli "zingari" e che anche in Romania non riescono ad integrarsi con la popolazione locale. Concludendo, si può dire che non sia affatto lecito generalizzare. Certamente va cercato un impegno comune tra le istituzioni italiane e romene, per una maggiore preparazione dei nuovi immigrati, fin dal luogo di origine, specialmente per i più giovani, i quali, purtroppo, sono i figli di una società più che disorientata dopo la lunga dittatura, ma che non hanno conosciuto quel periodo amaro della loro terra. E non ci si dimentichi che tanto tempo fa anche i nostri mafiosi andavano negli Usa con molto piacere perché venivano a contatto con una società più permissiva di quella siciliana e calabrese. * Vescovo emeritodi Civitavecchia-Tarquinia

08/03/2009

Fonte: Il Tempo.

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