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giovedì 14 agosto 2008

Solidarietà: Oggi, cosa significa essere "straniero" ?


L’argomento viene trattato in un convegno di ecologia sociale e profonda, organizzato a Capranica (Vt) il 18 e 19 ottobre 2008, dal titolo emblematico "Il Ritorno a Casa!".
"Vivere nel luogo in cui si vive sapendo che è la nostra casa, significa essere del luogo" Questo è il pensiero dell’ecologia profonda e corrisponde al sentire di chi non coglie alcuna differenza fra sé ed il luogo, di chi ritiene di esser figlio della terra.
La terra non ha cantoni esterni, la terra tutta è una ed indivisibile ovunque e comunque. La terra -e vorrei specificare- "questa terra di Tuscia" è la mia casa, per me che ci abito, assieme alla comunità di chi ci ha abitato prima di me e ci abiterà dopo di me. Ma il percorso del romantico ritorno a casa – che è fisico e ideale allo stesso tempo- richiede una fatica ed una grande pazienza. Richiede accettazione da parte di chi accoglie e da parte di chi si avvicina... "Ospite" è sia chi riceve che colui che viene ricevuto, nella società umana, dei nobili esseri umani del mondo, così si definisce l’accoglienza…..
Io personalmente sono anticamente originario della Ciociaria (di Arpino appunto) e quando si è "viandanti e senza patria" occorre stare attenti a come ci si comporta... a come ci esprime... Spesso mi sono interrogato su cosa significhi essere straniero, in effetti mi son sempre sentito straniero, un ebreo errante senza essere ebreo, anche quando abitavo a Roma (città in cui peraltro son nato), ed anche quando mi trasferii in Veneto dove vissi per molti anni, ovviamente anche a Calcata dove addirittura sono due volte straniero, sia per i calcatesi originari, che mi vedono come una jattura, l’iniziatore che ha portato tutti i forestieri a Calcata, e sono forestiero pure per la nuova comunità degli "artisti e bottegai" del centro storico, perché non mi sono mai uniformato alle norme del "teatrino" calcatese... del fine settimana. E’ per questo che in uno dei miei "melodrammi" dicevo "quanti sono gli stranieri in Italia? Almeno il doppio di quelli dichiarati dall’Istat". Forse dovrei dire che sono molti di più, giacché talvolta si può essere stranieri non solo se si è oriundi. Talvolta viene considerato estraneo, a Viterbo, uno originario di Vallerano o Ronciglione, e pure chi viene da un rione periferico come Bagnaia. Magari si è stranieri allorché non si è tifosi della stessa squadra di calcio, o se si parla con un negro per strada... o ci si veste in modo strano...
Il destino crudele di noi "stranieri" lo conoscono in molti e non solo a Viterbo.
Un amico straniero come me, Marco Valenza, che abita da anni a Blera, ha suggerito una soluzione raccontando la sua esperienza di lunga vita in campagna, facendosi accettare dal luogo stesso, ma forse questo gli è stato possibile perché il suo lavoro è rivolto alla terra… Diceva Etain Addey, un’altra straniera in terra di Tuscia: "Il fatto è che non è più nostra consuetudine cercare l’accordo con il luogo, considerandolo primario alla vita, solitamente riteniamo che sia la comunità a doverci accettare. Ma in verità il contenitore vero della nostra vita fisica e psichica è proprio il luogo, l’ambiente naturale, che ci ripara e nutre ed istruisce, se siamo pazienti e capaci di ascolto".
Ed ecco cosa ne pensa Doriana Goracci, di Capranica il luogo della Tuscia che ospiterà il convegno di metà ottobre: "Ciao, torno a casa...rientro a casa...lascio casa...sono senza casa...chiudi casa ...apri la casa...ci vediamo a casa... tornatene a casa tua..questa è casa mia! Credo che almeno una di queste frasi l’abbiamo pronunciata nella vita ed è stata detta da chi ci ha messo al mondo e continuerà ad essere ripetuta dalle generazioni dopo di noi… Ci sono ritorni da eroi e ritorni di perdenti, vinti e consumati, ritorni di anziani che hanno lavorato per una vita, lontano...ci sono i ritorni in famiglia, ci sono case che ti fanno paura e quelle che ti proteggono, fuori c’è la terra, la strada, come quella dove si posano le fondamenta dell’abitare il mondo…".
In conclusione ritengo che non si possa evitare l’integrazione con il luogo e con la comunità, altrimenti c’è arroganza e separazione culturale nel voler mantenere la distanza con gli altri…. E’ pur vero che spesso non ci sentiamo accettati dal resto della comunità ma dobbiamo –come detto sopra- compiere un esperimento congiunto di avvicinamento al luogo ed ai suoi abitanti…. Così pian piano il ghiaccio si scioglie e dopo ripetute prove possiamo finalmente dire di essere tornati a casa, di aver riconosciuto e di essere stati riconosciuti.
Il tuo Messia è ebreo. La tua macchina è giapponese. La tua pizza è italiana. La tua democrazia greca. Il tuo caffè brasiliano. La tua vacanza turca. I tuoi numeri arabi. Il tuo alfabeto latino. Solo il tuo vicino è uno straniero. (da un manifesto tedesco degli anni ’ 90)
Fonte: Agor@ Magazine

1 commento:

  1. ciao a tutti siccome devo andare non posso scrivere molto....... ma in poche parole è molto bello e fa commuovere

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