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mercoledì 8 luglio 2009

Aida, la badante venuta dalle Ande agli Appennini

Articolo
Sei in Lettere
7 luglio 2009

Cara Europa, e adesso qualcuno mi vorrà spiegare come faccio io, insegnante, single con due figli a carico e una madre in carrozzella, ad affrontare la vita grazie alla legge che mi toglie la badante? La legge della barbarie leghista e fascista e, soprattutto, berlusconiana («questa legge l’ho voluta io», ha gongolato il presidente all’approvazione, e spero che centinaia di migliaia di italiani nelle mie condizioni se ne ricordino al momento del voto). È questa la sicurezza che chiedevano gli italiani, mentre a Roma continuano gli stupri e nel Nord e nel Sud gli omicidi? E voi che siete più vicini di me alle stanze del potere, avete mai provato ad affrontare personalmente situazioni del genere? ISABELLA LABATE, VITERBO

Cara professoressa, io certamente sì, pur essendo lontano quanto lei dalle stanze del potere. Credo di poter ricordare a lei il racconto strappacuore di De Amicis, “Dagli Appennini alle Ande”, storia dei patimenti e delle infinite umiliazioni dei nostri emigranti, che a milioni raggiungevano le Americhe, e dei loro figli che tentavano a loro volta, i più intraprendenti, di ritrovare oltre Atlantico i genitori perduti. La mia storia segue il percorso inverso, dalle Ande agli Appennini.
Avevo un padre molto anziano e, non essendoci più donne con lui (moglie, figlia, tutte già andate), noi figli maschi ci rivolgemmo, tramite il parroco di una chiesa a Monteverde Nuovo, a una immigrata peruviana di mezza età, alta come un granatiere, robusta, con figli rimasti nel lontano paese a studiare. Aveva fatto l’infermiera a Lima e la prendemmo subito, ma non aveva il certificato di residenza. Noi siamo legalitari (anche se poco ossequienti del papa e del re, come si diceva nei canti goliardici).
Così, seguendo i consigli della questura, la rimandammo in Perù (aereo a nostre spese), vi rimase i prescritti tre mesi, quindi facemmo l’atto di richiamo (altro aereo a nostre spese). Qui sbrigammo tutte le pratiche per la regolarizzazione e le assicurazioni sociali; la signora, accolta in una delle stanze lasciate vuote da mia madre e mia sorella, e con uno stipendio pari all’intera pensione di mio padre, ex insegnante anche lui, lo assistette – nei limiti delle sue capacità di istruzione, cuoca e infermiera – fino al triste mattino in cui ci telefonò che mio padre non c’era più. Le pagammo la liquidazione, smontammo i resti di un mondo finito, ed oggi lei vive a Roma, credo, presso altre persone bisognose di lei.
Adesso Giovanardi, cattolicone a 18 carati, s’accorge del problema che si spalanca per tutte le persone che, come lei , hanno una badante forse non in regola con le leggi sull’immigrazione: paradossalmente, Giovanardi consiglia al suo governo la pillola del giorno dopo, come dice Bersani. E Rosy Bindi gli chiede come mai non si fosse opposto in tempo al marchingegno Berlusconi-Bossi-Sacconi-Gasparri; mentre l’autore delle “porcate”, Calderoli, irride al mezzo milione di colf irregolari, «irregolari del sesso e della droga», dice. Questa è l’Italia celtica, e poiché abbiamo scelto noi di farci governare dai barbari, e non è la prima volta negli ultimi 1600 anni, ora ce li godiamo. Però agli amici del centrosinistra mi va di dire che non ce ne libereremo fino a quando l’opposizione guarderà ai problemi sociali più dal punto di vista delle minoranze (straniere o indigene) che non dal punto di vista della generalità degli italiani. Credo che agli italiani sarebbe piaciuto che il centrosinistra si fosse opposto al pacchetto “sicurezza” non in nome delle minoranze che cercano pane in Italia ma in nome della maggioranza degli italiani che da quel tipo di pacchetto possono avere solo affanni e peggioramenti nella qualità della vita.
Sarà assai meno nobile, ma dovremo capire che l’opposizione al cattivo senso comune si fa solo stando in quel senso comune, respirandone i miasmi, per aiutarlo a vomitare la sbronza e tornare alla ragione.
Federico Orlando

Fonte: Europa Quotidiano.

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