La comunità romena di Viterbo si incontra e si racconta attraverso storie quotidiane, punti di vista, fatti di cronaca, appuntamenti e novità, per non dimenticare le radici e per vivere meglio la distanza da casa.
Informazioni utili per i romeni che vivono a Viterbo e per tutti i viterbesi e gli stranieri della Provincia, per conoscere le opportunità che la realtà circostante offre e sentirsi partecipi alla vita della città.

Bun gasit pe site!

Benvenuto!

lunedì 22 marzo 2010

Un focus sull'immigrazione

Un’analisi sullo stato dell’immigrazione in Italia e un colloquio con chi con gli immigrati ci lavora quotidianamente. Vittorio Sica intervista Fabrizio Tiralongo che al comune di Viterbo si occupa di immigrazione. L’integrazione passa anche dalla comunicazione e dal marketing e un immigrato integrato rappresenta una nuova sfida per le aziende.

Forse. Forse non è più il caso di considerarli alla stregua delle merci. Magari sarebbe più coerente considerarli uomini. Di recente il più grande sociologo della contemporaneità, Zigmunt Bauman, di una società contemporanea liquida, ha scritto che solo con l’integrazione, l’incontro ed il confronto si potrà avere civiltà e progresso. Anche quel progresso che è tanto caro all’occidente illuminato; quel progresso economico che genera valore. In genere, si tende a considerare “l’immigrazione” come un fenomeno, come una procedura, una cosa che mobilità milioni di uomini a spostarsi verso un altra terra, un altro continente. Questi uomini sono etichettati con il sostantivo: “immigrati”. Quasi come a dire che loro, gli immigrati, non siano uomini come coloro che abitano, che vivono e agiscono secondo le logiche del mondo ricco. Che poi, il mondo ricco, è sempre uno spicchio di torta inferiore al resto. Coloro che , superficialmente, subiscono l’immigrazione sembra che soffrano di miopia. Non è una brutta parola, miopia. Miopia: non si riesce a vedere, a rendersi conto, che gli immigrati come li chiamano coloro che – vanno alla grande – sono uomini. Sono uomini, sicuramente, diversi per cultura, spesso credo ed organizzazione sociale. Al contempo, però, sono anche uomini esattamente uguali come gli altri.

Tra di loro ci sono gli onesti come i disonesti, i lavoratori come gli artisti, i profittatori, i religiosi, gli imprenditori, gli scrittori, madri e padri. A dirla tutta, magari, ci sono meno “bamboccioni”. Senza entrare in giudizi di merito , né politici nè civili nè sociali, il dato è oggettivo. Il fenomeno dell’immigrazione è un fatto; come lo è stato in passato. Una fisiologica emorragia di persone che emigra dal proprio paese, per disastri in genere economici, politici e sociali, con l’obiettivo di costruirsi un miglior futuro altrove. Dove: nei paesi che, malgrado l’incespicante andamento in cui va’ il mondo, si dicono essere i paese del benessere. Enumerare tutti gli stati sarebbe inutile. Certamente l’Italia è uno di questi. Un’altra cosa è importante rilevare. Malgrado gli oppositori, al confronto ed al dialogo, allʼintegrazione di queste persone, in passato ma anche adesso, le si sono provate tutte, per fermare l’emorragia.

In modo del tutto naturale ci si ritrova, oggi, una società sostanzialmente mista. Qualcuno direbbe per fortuna, i progressisti, altri direbbero peccato. Comunque sia , non solo la società ormai è multirazziale ma addirittura siamo alla seconda generazione di immigrati che popola, vive e lavora nel Paese. Presto le nuove generazioni si troveranno a crescere tra i banchi di scuola con, addirittura, la terza generazione di immigrati. Adesso, tralasciando la maniera con cui queste persone sono state accolte, qualora lo siano state, ed integrate nella società è fondamentale che anche il mondo delle imprese valuti la questione. Torniamo ad ipotizzare. Forse ,è possibile che gli immigrati siano una risorsa per le imprese. Una risorsa che arricchisce ed accresce il mercato del lavoro. Ancora, purtroppo, non a tutti i livelli; speriamo che per la terza generazione questo avvenga. Forse, è possibile che queste persone sono un potenziale target per vendere i prodotti. Forse è il caso di occuparsi di quei 5 milioni di immigrati che sono presenti oggi in Italia. 5 milioni, regolarmente registrati e distribuiti su tutto lo stivale con una maggiore concentrazione al centro-nord. Affinché il sistema imprenditoriale italiano non sia considerato superficiale e miope si spera che questi – forse -, in realtà, siano delle delle certezze. Delle verità e non degli interrogativi.

Supposta logicamente la sola premessa che gli “immigrati” sono prima di tutto uomini, con gli stessi vizi e le stesse virtù di chi va alla grande, per scandagliare ed analizzare meglio come questi nuovi cittadini possano essere una risorsa e non un peso per le imprese italiane, Fabrizio Tiralongo ha risposto ad alcune domande.

Roma, stazione Termini. Quasi come fosse un caso, quasi come fosse tutto preconfezionato, compresa l’ambientazione, il Fabrizio Tiralongo arriva a Roma, in stazione. Attualmente lavora al comune di Viterbo. Si occupa di immigrazione. In realtà è un giovane tecnico che con tanta passione , ogni giorno, affronta l’argomento direttamente. Non a caso è lui l’uomo a cui porre le giuste domande; in questo momento ha le mani in pasta. Tre domande fondamentali.

In che maniera il mondo delle imprese si rivolge agli immigrati?

All’interno di un mercato del lavoro in cui, in Italia, scarseggia una certo tipo di offerta gli immigrati sono indispensabili. La sezione di offerta di lavoro a cui si fa’ riferimento è l’offerta manifatturiera, contadina ed operaia. Se da un lato, in genere, il trend italiano e quello di prendere una laurea o una certificazione riconosciuta, abitudine che contraddistingue quasi la maggior parte dei giovani, dall’altro il bisogno del mercato di reclutare gente per le attività pratiche, in tutti i campi, è sempre maggiore. In questa logica l’immigrato colma questo bisogno, questo vuoto di domanda lavorativa delle imprese. In genere, quindi, gli immigrati vanno a fare ciò che gli italiani non vogliono fare più. Purtroppo, questo fenomeno, è riconosciuto e garantito solo in parte. Per questo, spesso, chi impiega l’immigrato tende a non regolarizzare questo tipo di prestazione lavorativa. Senza mezzi termini si chiama “lavoro nero”. Provocando ,così, un sistema vizioso che sfugge alle logiche di legge, mette a rischio l’incolumità della persona e non crea valore economico per la collettività.

Da questa prima risposta emerge il fatto che, nel giusto modo, l’immigrazione diventa forza lavoro che va a colmare un vuoto, un’esigenza di operatività pratica che agli italiani, nonostante tutto, sembra non interessare. Tiralongo aggiunge:

Non che non ci siano persone, tra gli immigrati, con delle capacità imprenditoriali e manageriali che siano in grado di ricoprire posizioni di potere e responsabilità. In questo caso è il sistema di formazione, prima, e di professione dopo che deficita le reali possibilità di emergere a livello dirigenziale nel contesto lavorativo. Questo però, è un impedimento relativo alla prima e seconda generazione di immigrati. Sicuramente, la terza generazione, figli di immigrati con cittadinanza italiana nati e cresciuti in Italia, che avrà l’accesso alla formazione e alla cultura indiscriminatamente, come un italiano, avrà le stesse possibilità che hanno gli altri. In effetti è fondamentale superare, anche le barriere ed i preconcetti culturali.

Sono sensibili, gli immigrati che abitano in Italia, alla comunicazione pubblicitaria ed alle
politiche di marketing dei prodotti su tutti i mass media?

L’immigrato è tendenzialmente influenzato dalle comunicazioni di prodotto in maniera direttamente proporzionale a quanto si sente integrato al’interno del contesto sociale. In questo senso si riscontra un deficit nei primi anni ma con una progressiva omologazione al crescere fino ad arrivare ad una condizione di assoluta parità. In merito a ciò è importante ricordare che gli immigrati sono comunque una fetta importante di mercato a cui rivolgersi. Questo è un altro caso in cui gli immigrati sono una risorsa e non un problema. Sfortunatamente ,ancora poco si è fatto; le aziende italiane sembrano indifferenti a quei 5 milioni di persone che potrebbero essere consumatori ed acquirenti dei prodotti. Francia ed Inghilterra sono già avanti in questa direzione. Per altro in un mercato che tende a globalizzarsi sempre più, a tradurre in qualche maniera il local in global, all’interno del quale le dinamiche risultano sempre più in convergenza con un linguaggio ed una modalità generalmente uguale per tutti nel mondo. In ultimo, paradossalmente, il mercato , i prodotti e la comunicazione di prodotto risultano essere un collante sociale. La pubblicità come facilitatore ed integratore sociale. Tutti aspetti ancora inesplorati ma importanti.

Ci sono grosse asimmetrie di comportamento di consumo tra chi è nato e cresciuto sempre in Italia ed un immigrato maturo, cioè integrato nella società ?

Senza dubbio la forte connotazione culturale rimane. Cioè, difficilmente si abbandona o si muta integralmente la propria cultura in cui si crede e entro la quale si è vissuti. Il dato interessante è, però, che questo non pregiudica il fatto che le dinamiche del “nuovo paese”, una buona parte di esse, riesce a convivere con le vecchie abitudini e pratiche. Questo vale anche per le pratiche di consumo. Anche qui, la televisione, la fiction in particolare, è importante per incanalare le modalità di comportamento e di consumo di un paese. Se si riesce a sentirsi totalmente a casa? .. Se pur non abbandonando il vecchio, ciò che c’è di migliore del vecchio modo, in maniera del tutto naturale si è anche capaci a stare bene in Italia. Se le condizioni ed il sistema lo favoriscono. Comunque non vi sono grosse asimmetrie di comportamento di consumo, soprattutto nella fase matura del processo di integrazione. Sicuramente i media e i new media accelerano il processo.

È banale dire che l’incontro è una possibilità. Una possibilità concreta che genera valore. Azionare, anche in questa circostanza, un circuito di norme, prima, che corrispondano a metodologie operative organizzate e ben controllate crea opportunità di guadagno e di impiego. Inoltre, dal punto di vista culturale, è un qualcosa in più.

Fonte: Ferpi

Nessun commento:

Posta un commento